Per due anni sono stata a Udine, lontana dai problemi che mi erano capitati qui. Lì vivevo in mezzo alla strada, ogni tanto in dormitorio e ogni tanto da amici che avevo conosciuto tramite il SERT, e ho capito molte cose, e poi sono tornata qui. Io sono di Milano. All’inizio, quando avevo diciannove anni, ho cominciato gasandomi, cioè mi sentivo figa a fare questa cosa; eravamo io e il mio ragazzo, abbiamo cominciato con la cocaina insieme e questa cosa ci univa ed eravamo fantastici e il nostro amore avrebbe battuto tutte le difficoltà dei nostri mondi difficili, delle nostre famiglie disastrose, e ci vedevamo per strada e ci sentivamo grandissimi. Esistevamo solo noi e avevamo il nostro segreto. Potevamo scappare almeno nei pensieri. Noi non avevamo un posto per stare insieme, noi lavoravamo tutti e due, ma non riuscivamo a farci una vita. Io facevo la cameriera e anche lui lavorava, ma eravamo fragili. Lui ora si sta rimettendo in piedi e mi ha detto che se non mi rialzo anch’io non mi vuole vedere. Sono dieci anni che stiamo insieme e io lo amo, quindi ho capito che voglio riscattarmi, anche perché non voglio ammazzarmi e non ne posso più della vita di strada. Non so se questa frase fa ridere ma io comunque me la ripeto molto spesso, rispetto a questi anni: «Ero come un topo che si credeva di essere un lupo». Comunque ogni volta che sono in giro io mi sento in difetto, come se valessi meno. Sento sempre gli occhi delle altre persone addosso, che mi giudicano, anche soltanto per i piercing. Si vede che la gente non si fida di me. Mi è rimasta impressa quella volta in cui stavo chiedendo l’elemosina sui Navigli, e questo signore anziano a cui avevo chiesto venti centesimi mi ha guardato e mi ha indicato un ragazzo di colore poco distante e mi ha detto: «Guarda, preferisco darli a un negro che a una persona che si fa le pere».
Eppure io quella Veronica che era felice me la ricordo, avevo 17 anni e stavo bene. Quella è la Veronica che voglio tornare a essere. Poi i miei si sono separati ed è morta mia nonna che era l’angelo della mia vita. Mia madre è andata in depressione e ci ha abbandonati, si è persa via nel suo mondo di dolore da cui veniva fuori solo per dirmi che facevo la vittima, che è una cosa che quando la sento mi fa impazzire. Mi ha sempre fatto pesare quello che sbagliavo e mi ha sempre detto che lo faceva per darmi una scossa e aiutarmi, ma a me questa cosa non ha mai aiutato. Anche mio padre aveva i suoi problemi e ci picchiava. Insomma una cosa travagliata. Ho due sorelle e un fratellastro e loro per fortuna stanno bene. Io sono più debole di loro, loro hanno resistito, io mi faccio più sensi di colpa; a volte mi chiedo perché Dio mi ha dato questa vita di sofferenza, sarà perché ho sbagliato qualcosa io, mi vuole far pagare qualcosa ma io non so che cosa. Forse perché ero la sorella più grande e dovevo capirlo, e dovevo proteggerle. Io li sentivo, i miei genitori, che litigavano e mio padre tirava giù mia madre dal letto per i capelli quando era ubriaco, mentre le mie sorelle erano più piccole e magari non sentivano. Poi però quando mi sono persa chi le proteggeva? Avrei dovuto essere più forte. Forse dovrei essere forte adesso e dare una soddisfazione ai miei genitori, e anche per le mie sorelle. Vorrei riscattarmi da tutto. È tutto difficile però, viviamo abusivi in una casa popolare e mia mamma ha 57 anni ed è magrissima e fa le pulizie e una volta che l’ho accompagnata per aiutarla stavo morendo io a fare la fatica che fa lei, e sta poveraccia le fa tutti i giorni, piccolina mia. Un giorno avrò un bambino e io lo amerò tantissimo. Ma dovrà essere un giorno in cui sarò a posto, saremo a posto tutti e due, un giorno in cui staremo bene. Vedi questi tatuaggi? Sono due. Perché una rondine non fa primavera.