Ero venuta qui negli anni ‘90 e avevo un lavoro come badante di una persona anziana, e avevo una casa. Quando è scoppiata la guerra in ex-Jugoslavia sono tornata a Belgrado per prendere mia mamma che non stava bene e per portarla qui con me, ma hanno chiuso i confini e non ci hanno fatti più uscire. Tre anni fa sono tornata a Milano, l’ho fatto in autobus perché le rotaie non sono ancora state ricostruite e i treni in Serbia non esistono. Lavoravo da un signore che conoscevo dagli anni ‘90 ma poi sua moglie è morta e la famiglia ha deciso di vendere l’appartamento e metterlo in casa di riposo, quindi io sono rimasta senza fare niente. Quello è stato un brutto colpo e sono crollata anche fisicamente con problemi di pressione e cuore eccetera. Stare in un ricovero come questo mi consente di avere un letto e da mangiare e quindi sono fortunata. Anche shampoo, sapone e carta igienica, sono cose che bisogna avere soldi per comprare. Anche le medicine. Sento che devo stare bene perché nella mia stanza lo vedo che sono un punto di riferimento, contano su di me le altre donne, aiutami a fare la lavatrice, fammi i capelli, aiutami per questo o quello, insomma devo stare bene, se no loro come fanno.