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Sono nata a Cusano Milanino e, nonostante sia milanese pura, potessi tornerei a vivere in Egitto, dove sono stata tanti anni per lavoro. Sto meglio lì, ho sempre trovato persone gentili e mi ci sento a casa. Qui a cinquant’anni mi ritengono vecchia e se mi propongo per un lavoro non mi prendono mai, mentre in Egitto potrei fare di tutto e di più. 

Nonostante sia in strada io non bevo e non mi drogo, ma quei problemi spesso ci sono tra i senzatetto. E per una donna è importante anche come ci si presenta, in strada, come ci si comporta. Chi beve e “si fa” non attira buone attenzioni. Certo, capita anche di trovare persone non gentili ed educate, anche se tu lo sei. Una volta mi è successo con un ragazzo algerino: ha alzato il tono della voce e mi ha detto cose brutte nella sua lingua, e io gli ho detto: «Guarda che lo conosco l’arabo», e gli ho risposto per le rime. E allora mi è venuto contro per mettermi le mani addosso. Un giorno un carabiniere mi aveva regalato un coltellino di quelli tascabili; l’ho tirato fuori davanti a quel ragazzo che e gli ho detto: «Ricordati che non siamo in Egitto, in Egitto c’è il detto “il deserto è grande e i cadaveri si perdono”, qui siamo in Italia, sei a Milano: ci sono i tombini. E non so se ti ritrovano. Tu rispetta me e io rispetto te, io qui e tu là, a un metro e mezzo da me, se non vuoi problemi». Così gli ho detto. Da quel giorno «buongiorno, buongiorno, ciao, vuoi un caffè ecc». Fare così è l’unico modo per non diventare carne. Questa è la strada, questa è la mia vita. 

Io vivo in strada dal dicembre del 2016. Sono una che di solito non dice tanto di sé. Un po’ per riservatezza ma un po’ anche perché la gente di strada spesso sembra forte ma non è vero, anzi ce ne sono tanti che se gli dici i tuoi problemi poi se ne fanno carico e diventa brutto. Io non voglio dare preoccupazioni. Piano piano, le cose le risolvo. Se non avessi questo pensiero non starei qui. La nostra vita è così, ci si aiuta. Sai, ci sono due modi di vivere la strada: o ci cammini sopra o diventi la strada. Io in questi due anni ho preferito camminarci sopra e non farmi mangiare da lei.

In strada spesso c’è solidarietà, se riesci a farti un gruppo di amici di cui fidarti. Qui in Centrale per esempio mi è capitato. Io ho dormito parecchie sere convinta di essere sola poi ho scoperto che durante la notte era passato qualcuno a vedere come stavo. Sono piccole cose ma ti fanno sentire meno sola. È anche perché le donne in strada sono più vulnerabili, questo è vero. Anche se dipende dalla donna, eh. Per esempio, io vado dal Mc Donald’s qui in piazza e anche se non ho i soldi per il caffè ci sono quelli della sicurezza, io mi metto lì fuori in un angolo e faccio finta di fumarmi una sigaretta e dopo un po’ vedo spuntare un caffè e una brioche. Ce n’è uno che mi fa ridere perché una volta ho chiesto un caffè doppio (perché potevo pagarmelo) e da allora ogni volta che arrivo lì me lo porta doppio automaticamente. E poi resto un po’ lì. Pensa, sono sette mesi che fa così, e io non so nemmeno il suo nome. Al mattino, quando mi vede, la prima cosa che mi dice è: «Buongiorno principessa, è iniziata la giornata». E io gli dico: «Se sorridi così c’è già il sole».

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